Perchè Federazione romanì

Federazione Romanì

15 Giugno 2009 Alla luce dell’esperienza del il Primo Congresso Nazionale della “Federazione Rom e Sinti insieme” riprendono a grandi passi, i lavori di quei Sinti e quei Rom che pensano al futuro dei loro diritti, quelli che si identificano nella sintesi dei principi emersi da questa prima consultazione nazionale.

Il primo grande innovamento è portato dell’esigenza generalizzata di aprire le porte a tutte le comunità di rom presenti sul territorio nazionale ed europeo. Attraverso una visione unitaria che non pretende di rappresentare tutti i rom ma dichiara di voler perseguire obiettivi unitari che riguardano anche tutti i gruppi europei: Rom; Sinti; Kalé; Manouches; Romanichels (oltre a rom, sinti e camminanti italiani).

Questo significa da un lato rilanciare i temi ormai condivisi:

  1. il riconoscimento di minoranza linguistica
  2. la conoscenza della cultura Romanì
  3. abbandonare la politica dei campi nomadi per avviare una politica abitativa pubblica per tutti i cittadini
  4. abbandonare ogni forma di politica differenziata, le forme di assistenzialismo culturale e definire un ruolo propositivo per il popolo Romanò
  5. recupero e sviluppo di una economia romanì, tra tradizione e modernità.

Ponendo al centro dell’azione politico/culturale l’unità e la partecipazione attiva della popolazione Romanì, la promozione della cultura Romanì con il riconoscimento e la valorizzazione delle professionalità Rom e Sinte, quale strategie sia per stimolare processi di formazione alla partecipazione attiva, sia per l’orientamento delle scelte politiche e culturali.

Dall’altro lato significa aggiungere scopi e valori contestuali all’Europa. La popolazione romanì è la più grande minoranza europea! È arrivato il momento di cimentarsi nella progettazione e nella ricerca sul livello europeo oltre che sul livello nazionale.

Come prima conseguenza propone una nuova denominazione: FEDERAZIONE ROMANÌ.

Il popolo romanò ha la forza e le competenze per determinare il suo cammino. La Federazione Romanì vuole essere lo strumento per realizzare questo cammino.

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Perchè Federazione Romanì

Il 9 giugno c/a abbiamo condiviso la Federazione Romanì con  una funzione propria, con autonomia assolutamente incondizionata. Forse può essere la formula giusta, chi lo sà, staremo a vedere. Comunque, per comprendere il manifesto di questo movimento etnico-politico occorre prendere spunto dal simbolo, qui riprodotto, che ne riassume i contenuti e ne rappresenta la ragione.

Come si può vedere chiaramente, l’immagine selezionata ed estrapolata dalla simbologia zingara, è la ruota, o meglio una mezza ruota oggettiva + un’altra mezza ruota emblematica. Poi abbiamo delle ideografie, alcune più evidenti, altre meno. Perchè?

Decodificando…La ruota, per associazione di idee è sinonimo di circolarità, di dinamismo, di migrazione, di famigliarità, di falò, di universalità, ecc.. si presenta divisa in due semicerchi: tra  stilizzazione di un elemento riconoscibile e un ideogramma “caratteriale”. Cosa vogliono significare?

Il criterio comunicativo è piuttosto semplice, la ruota dimezzata non è in grado di assolvere alla sua funzione, per ovvi motivi non può girare;  essa rappresenta la posizione di stallo in cui versa la popolazione romanì oggi soprattutto in Italia.

Causa? Propabilmente la diversificazione tribale dei gruppi, rincarato dal dislivello culturale. A mio modesto parere l’intoppo si trova proprio qui. La sorgente da cui deriva il rifiuto della gerarchia scolastico- formativa, internamente alle comunità.

E allora, il moto perpetuo del simbolo della vita, se la vita è movimento, come suggellavano i Futuristi nei loro programmi ideologici, questa può riprendere il suo cammino solo a patto che l’altra metà della ruota venga creata, o meglio ri-costruita dalla coesione sociale e politica della popolazione romanì.

Se non si capisce questo, che siamo una stessa ed unica etnia, seppure germogliata in una ricchezza di gruppi e sotto gruppi con molti appellativi, non usciamo da uno stallo secolarizzato.

La storia insegna. I vari tentativi falliti da quarant’anni a questa parte di creare un organismo dal titolo Rom e Sinti insieme è sempre risultato un ossimoro, una contraddizione in termini. É come a dire l’Italia rappresentata dalla Sicilia e Sardegna Insieme. L’Italia è Una ed è rappresentativa di tutte le regioni.

Sinti e Rom insieme apre la ferita della disgregazione ancora più profondamente a una popolazione già debole.

In conclusione, invito tutti a riflettere su ciò, perchè la battaglia che vogliamo protrarre nel tempo vede tutti noi coinvolti nella medesima direzione: riconoscimento della minoranza, diritto al lavoro, diritto alla cultura propria, diritto a rivendicare le ingiustizie razziali e storiche, diritto alla rappresentanza, diritto all’eguaglianza, diritto alle pari opportunità, diritto alla vita e alla libertà.

Appello ai Rom e ai Sinti, aiutateci a far girare di nuovo la Grande Ruota.

Bruno Morelli – coordinatore della Federazione Romanì

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Romanì: “una cultura foclorizzata”, una partecipazione “commissariata”

30 Luglio 2009 La recente Risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 al punto 8. riporta: “ la grande maggioranza dei laureati rom non fa ritorno alla propria comunità dopo il completamento degli studi universitari e che alcuni di essi negano le proprie origini o non sono più accolti nella loro comunità quando cercano di farvi ritorno;”

Questa è una amara verità innegabile non solo per i rom laureati o con al titolo di studio, ma anche per tanti altri rom che sono riusciti a “farcela” ad  uscire dalla segregazione e dall’assistenzialismo ed essere protagonisti positivi e professionisti preparati.

Questa grande risorsa presente nella popolazione romanì non viene utilizzata per la collettività, perché? A chi non conviene?  Non si tratta di poche unità, ma di numeri consistenti.

Quali possono essere le cause di questa assimilazione, e se di assimilazione si tratta cosa è stato fatto, cosa è possibile fare per evitarla e per far si che la diversità culturale romanì sia una risorsa per tutti?

La tendenza di addebitare questa scelta di assimilazione al radicato pregiudizio ed alla discriminazione contro chiunque sia rom, è una motivazione riduttiva perché sono persone che hanno gli strumenti per contrastarli.

Come appare riduttivo attribuire responsabilità solo alla politica, certamente non è più possibile continuare ad ignorarla e troppo spesso a strumentalizzarla.

Credo che questa realtà di assimilazione di tanti rom sia il risultato di un utilizzo perfido, al punto da diventare una combinazione micidiale, di due condizioni essenziali per l’esistenza di qualsiasi popolazione: unità e partecipazione.

1.     Unità. Gran parte delle politiche e delle iniziative attivate a favore (!) dei rom fanno riferimento solo gli aspetti sociali, assistenziali e di emergenza, mai culturali. Questo sta conducendo alla perdita di una identità culturale collettiva, alla incapacità di sintesi di una UNITA’ DELLE DIFFERENZE, e produce la “vittoria” di chi soffia sulla divisione.

2.    Partecipazione. I processi di partecipazione attiva dei rom e le strategie per realizzarli non hanno voluto sviluppare un riconoscimento e la valorizzazione delle professionalità rom. Potrei fare diversi esempi. E se non partecipa la squadra migliore, quale sarà il risultato?

Da troppi anni, troppi opportunisti hanno soffiato sul vento della divisione e ostacolato la partecipazione dei rom.  Sono loro, unitamente alla politica, i responsabili morali del tentativo di eliminazione della cultura romanì.

Quale possibilità ha un rom che è riuscito a “farcela” di rivendicare la propria identità culturale romanì e collaborare per la crescita sociale e culturale della propria popolazione?

Senza contare gli stereotipi creati ad arte che descrivono lo “zingaro”  solo come la persona che vive nel campo nomadi, che ruba e non lavora, ecc.

E se andiamo a vedere le iniziative proposte e promosse sono tutte destinate esclusivamente alle persone rom con lo specifico stereotipo.  Raramente, molto raramente, assistiamo a proposte e iniziative culturali (attenzione! culturali e NON folcloristiche).

Quindi non solo l’indifferenza e l’assenza di una politica per la cultura romanì, ma una precisa volontà di gran parte della società civile, che si è occupata e che si occupa dei rom, di “gestire” o “tutelare”, evitando ogni forma di crescita dell’autonomia e della normalità per i rom.

Qualsiasi cultura si evolve con il contatto e con lo scambio culturale.

Come il pane e l’acqua sono essenziali per la sopravvivenza di una persona, il contatto e lo scambio sono basilari per la esistenza di una cultura.

A meno che non voglia scomparire la cultura romanì non può continuare a “chiedere” un contatto ed un scambio culturale demogogico, estremista, differenziale ed assistenziale, deve realizzarlo; la cultura romanì non può continuare ad essere ostaggio di rapitori balordi ed ignoranti, ma essere protagonista; la cultura romanì deve uscire dall’angolo dove volutamente è stata relegata, può farlo SE METTE SUBITO IN CAMPO LE MIGLIORI PROFESSIONALITA.

Le esperienze del passato hanno insegnato con quale metodo è stata “commissariata” e  “folclorizzata” la nostra presenza e con quale strategia è stata impedita (o gestita) la nostra partecipazione e soffiato sulla divisione, per sostituirsi  senza vergogna ai rom.

Ma in particolare hanno ostacolato la partecipazione attiva di rom qualificati, utilizzando tutte le “porcherie” possibili per metterli in cattiva luce a tutti i livelli ogni qualvolta hanno tentato di avvicinarsi.

Rom qualificati che avrebbero dato un grande contributo alla collettività romani; rom qualificati che avrebbero impedito il business dei campi nomadi e tanto altro che sta distruggendo la popolazione romanì.

Oggi tutti sono critici per le politiche sbagliate del passato che hanno proposto e realizzato per i rom, non possono fare diversamente visti i risultati, ma perché continuano a mettere in atto iniziative fallimentari simili al passato, anche se con altre forme ed altri linguaggi?

Per esempio ieri hanno “folclorizzato” la partecipazione di singole persone rom, oggi vogliono fare la stessa cosa con la costituzione di organizzazioni rom, affinchè il controllo totale sia SEMPRE nelle loro mani, quindi non interessa la presenza di rom qualificati.

E’ evidente che si tratta di una falsa autocritica, o critica, perché cambia la forma, ma non la sostanza. Questo non significa che sono persone cattive ma che come tutte le persone possono sbagliare, anche in buona fede, ma i danni non lo pagano loro, lo pagano i rom.

Cosa si intende per partecipazione attiva dei rom in una associazione?

con quale strategia realizzarla?

Dalle esperienze del passato e del “progetto federazione”, avviata molto lentamente fin dal dicembre 2003, sono arrivate alcune interpretazioni della partecipazione attiva dei rom, e già altre volte ho scritto di questo argomento.

1.     basta essere rom? In questa strategia la partecipazione attiva di rom nell’associazione è “come un mezzo”, cioè “una vetrina” di rom che produce solo beceri personalismi e ulteriori divisioni.

2.    partecipazione di rom qualificata. In questa strategia la partecipazione attiva di rom nell’associazione è “un processo” di conoscenze e di competenze. La partecipazione è “un fine” per cambiamenti collettivi riconoscendo e valorizzando le professionalità rom anche quale esempio. E’ un processo di formazione alla partecipazione (capacity building) e di empowerment. Un processo di azioni, di sviluppo dell’identità collettiva romanì, per migliorare l’equità e la qualità della vita della popolazione romanì.

Attenzione!!! qualcuno tenterà di “giocare” su queste affermazioni: non si tratta di avere titoli di studio, ma di possedere o acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per una partecipazione qualificata.

Questo ragionamento e la strategia della partecipazione qualificata dei rom hanno condiviso le 15 associazioni e diverse singole persone che hanno scelto di aderire alla federazione, oggi denominata Federazione romanì, per continuare il percorso del “progetto federazione”.

L’assenza di una partecipazione attiva qualificata di rom è stata da troppo tempo ignorata ed ha permesso lo sviluppo della convinzione che la questione rom sia solo una questione sociale (sicurezza e legalità) e di folclore, effetto delle improvvisazioni che hanno manipolato la realtà culturale romanì.

Il riconoscimento e la valorizzazione delle professionalità rom è il primo passaggio essenziale per riconoscimenti più ampi all’identità culturale romanì in Italia.

Nazzareno Guarnieri – Presidente Federazione romanì

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